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Lamiera senza segreti

Mario Palmisano ci ha dedicato un articolo nel redazionale “Storie di Successo” della rivista di settore LAMIERA.

Racconta di come l’azienda è cresciuta nella lavorazione della lamiera, partendo da operazioni manuali per poi specializzarsi con tecnologie all’avanguardia.

Ecco l’intervista:

Sig. Cassineri, l’apprezzamento che riserva ai “suoi ragazzi” le fa onore, ma come siete riusciti, lei e il suo socio, a creare una squadra così compatta?

È semplice, entrambi veniamo da una lunga esperienza come dipendenti e quindi sappiamo quanto sia importante, nell’ambiente lavorativo, un rapporto fra titolare e maestranze basato, oltre che sull’aspetto professionale, anche su quello umano. Sinceramente oggi possiamo individuare nell’armonia che regna in officina uno dei nostri principali punti di forza: ci diamo tutti del tu, si sta alla battuta, ma svolgendo nel contempo con serietà le varie mansioni, ognuno nel pieno rispetto del ruolo dell’altro.

Come si estrinseca prevalentemente la vostra attività di carpenteria leggera?

Attualmente le commesse riguardano per lo più carenature e ripari antinfortunistici per macchine utensili. Partendo dal disegno trasmessoci dal cliente, nel 90% dei casi su carta o in formato Pdf, lo stesso si sviluppa in forma tridimensionale al CAD e poi il relativo programma di taglio e di piega viene lanciato alla macchina. Ciò che alla fine consegniamo è un prodotto finito, comprensivo del montaggio e della verniciatura, operazione quest’ultima affidata a partner esterni.

Fra gli altri comparti che servite, qual è quello più effervescente in questo periodo?

Direi l’arredamento, ed in particolare quello per negozi. In questo ambito l’attuale tendenza, determinata dagli architetti di grido, vuole che la superficie del prodotto sia in ferro nudo e crudo, con le saldature a vista, dunque non verniciato, ma solo ricoperto da una patina protettiva trasparente.

A proposito di saldatura, voi la indicate come la tecnologia di lavorazione che più esalta la vostra professionalità, però è ad un’altra che dovete un repentino aumento del vostro fatturato, non è così?

È vero, forse niente come la saldatura riesce a mettere in piena luce la maestria o l’incapacità di chi la esegue perché è una lavorazione molto difficile da gestire, soprattutto quando si ha a che fare con l’acciaio inox; in tali casi, infatti, visto che quasi sempre le saldature rimangono a vista, l’operatore deve superarsi riuscendo a far sì che i cordoncini, come di chiamano in gergo, siano omogenei e privi di evidenti grumoli. Oltretutto poi l’inox sente molto gli sbalzi termici e quindi si deforma facilmente. D’altro canto, però, non possiamo non rendere merito anche al taglio laser, grazie all’introduzione del quale, avvenuta una quindicina di anni fa, il fatturato è subito cresciuto del 30%. All’epoca non credevamo ai nostri occhi!

Iniziando da quest’ultimo, di cui sottolinea velocità e precisione, ci presenta la vostra “squadra tecnologica”?

L’impianto laser è un CO2 da 1.500 Watt, con piano di lavoro da 3.000 x 1.500 mm, macchina che ci auguriamo di poter sostituire presto con la più moderna e meno “energivora” versione a fibra. Seguono poi, con pari importanza ai fini del conseguimento di un risultato apprezzabile, una cesoia a ghigliottina, tre pressopiegatrici da 120 a 160 tonnellate, di cui due a controllo numerico e una di vecchia generazione a controllo manuale, ancora indispensabile dato che certe operazioni con il controllo numerico non sono possibili, una punzonatrice e sei postazioni di saldatura TIG e MIG.

Sfatando un po’ il luogo comune che bolla gli italiani come degli inguaribili individualisti voi avete creato una sorta di rete con alcuni concorrenti. Ce ne vuole parlare?

Siamo del parere che chi si rivolge a noi deve sempre trovarci pronti a soddisfare la sua richiesta, e così, quando ci rendiamo conto di non essere in grado di evadere certe commesse da soli, vuoi per il loro volume, vuoi per le dimensioni e per gli spessori delle lamiere da lavorare, le condividiamo con altri colleghi.

Qual è stato l’ostacolo più impegnativo che nel corso della vostra storia avete dovuto superare?

Senza dubbio quello dell’ultima crisi economica, esplosa all’improvviso alla fine del 2008 provocando una catastrofe. Per rendere l’idea basti pensare che nell’anno seguente il fatturato è crollato dell’80%, fatto che, con enorme dispiacere, ci ha costretti a lasciare a casa quattro persone. È stato veramente uno shock, anche perché venivamo da un periodo in cui tutto andava così bene che certi investimenti si facevano quasi a occhi chiusi. In un certo senso diciamo che quella crisi ci ha riportati con i piedi per terra, troppo bruscamente, però!

E come ne siete usciti poi?

Ritrovata la necessaria lucidità mentale, abbiamo cercato di modificare il modo di lavorare, puntando ancor più sulla qualità e su lavori caratterizzati da scarsi numeri, ma con un alto livello di complessità. Molto importane è stata poi l’opera di diversificazione della produzione che ci ha permesso di avere le mani in pasta in molteplici settori.

Passato lo spavento con che spirito guardate al domani?

Il morale è piuttosto alto anche perché so che nel prossimo futuro questa “azienda di formichine”, come mi piace definirla, per la quale sia io che il mio socio abbiamo dato l’anima, potrà avere al timone una persona stimolata dalla nostra stessa passione, e sicuramente capace di farla crescere: mio figlio Luca.